Editoriale Corriere della Sera (Bologna)
Negoziatori. Entrano in campo quando è palese che le parti in opposizione non riescono a comporre un processo decisionale ordinato ed efficace. Il centrosinistra a Bologna, e il Partito democratico in particolare, stanno fornendo prova di debole o punto capacità governare la fase della pre-campagna elettorale, con conseguenti ingenti generosi e gratuiti vantaggi per la destra, tra l’altro palesemente interessata alla consociazione, e relative prebende simboliche o materiali, che alla competizione per l’alternanza.
Le pur lodevoli azioni, intenti e dichiarazioni dei singoli coinvolti, a vario titolo, nel percorso per indicare il prossimo candidato sindaco, non sono sino ad ora bastate per giungere all’obiettivo. Siamo al volontarismo. Lo stallo, cercato per tattica o subìto, è evidente, il reciproco posizionamento calcolato rischia di trasformarsi in lacerante guerra di trincea, da dove notoriamente si esce sempre malconci o sconfitti. La prospettiva di una battaglia a somma zero tra gli aspiranti futuri componenti della classe dirigente cittadina è anticamera della sconfitta. Scenario non alieno anche in considerazione delle tensioni a livello nazionale tra i partiti della coalizione, che sono meno facilmente ricomponibili tra gli elettori in ambito locale. La crisi di governo per ora ha ulteriormente appannato questo passaggio, ma la crisi sociale ed economica anche a Bologna è sul punto di palesarsi arcigna e crudele. La città è importante per la sinistra nazionale, e non può essere demandato solo alla classe dirigente locale/regionale farsene carico. Proprio “Roma”, che ben conosce le dinamiche del PD felsineo, dovrebbe intervenire platealmente o meno, ma vigorosamente per richiamare all’ordine (per usare un gentile eufemismo) i troppi e troppo ambiziosi pretendi al trono. Manca l’(auto) disciplina, il senso del limite, lo spirito di gruppo, l’azione collettiva. Il tutto condito da una vacatio nella Direzione che pare sia al momento “illegittima” per l’avvenuta decadenza del 60% dei membri. La surroga, la nomina, e la successiva ratifica in Assemblea cittadina dei subentranti impone un accordo tra le parti. Ossia l’arte della politica. Alla partita si aggiunge dunque un elemento che complica la trattativa, in una dinamica già complessa e articolata. Le carriere, gli appetiti, le legittime aspirazioni dei singoli vanno composte in un quadro complessivo che includa il rinnovo delle future cariche parlamentari, la segreteria regionale del PD e il governo della città. Che non è per nulla scontato se la sua genesi è lasciata alla deriva. Una leadership esterna alle mura cittadine che ponga termine a un rischioso scenario di guerra etnica, di balcanizzazione, con esiziali esiti per la città. Bologna chiama, Roma risponda.