Intervista rilasciata a L’Indro
Non è un momento facile per il Carroccio, ma il partito sta cercando di risollevarsi. Come, l’abbiamo chiesto a Gianluca Passarelli, docente di Scienza politica all’Università Sapienza di Roma e autore con Dario Tuorto del libro ‘Lega & Padania. Storie e luoghi delle camicie verdi‘.
Il nuovo Segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, deve risollevare un partito che nelle politiche del 2013 ha visto dimezzati i consensi rispetto alla tornata precedente del 2008, dall’ 8% al 4% – oltre un milione e mezzo di voti in meno – e potrebbe restare fuori dal prossimo Parlamento.
A oltre un mese dalla nomina che strategia si va delineando?
Bisogna partire da un po’ indietro. Da una parte c’è molto di nuovo nella Lega, per il cambio della leadership; dall’altra c’è una linea di continuità, data dalle politiche. Il crollo elettorale è dovuto a una serie di fattori, in primis la situazione al vertice. Non si tratta solo di una questione organizzativa, il passaggio di consegne in segreteria, ma anche della vicenda del leader carismatico Umberto Bossi – nel suo caso è corretto usare il concetto di carisma, non per Grillo o Renzi – che ha generato una serie di frustrazioni nella base, alimentate dagli scandali del cosiddetto cerchio magico. Il passaggio della segreteria federale da Bossi a Roberto Maroni è stato dovuto solo alla sopravvivenza. C’è poi un secondo punto importantissimo: nella Lega hanno sempre convissuto un’anima movimentista e una governativa. È una contraddizione che genera spesso conflitti, ma Bossi sapeva tenerla a bada in modo anche rude e muscolare. Dopo diversi anni al governo la Lega ha fallito il progetto del federalismo, suo concetto principale – che l’obiettivo si chiami Padania, macro regione o altro – e le sue promesse su immigrazione e difesa dell’italianità; tutto questo ha contribuito alla crisi del partito, insieme alla fine della vecchia leadership e al discredito della classe dirigente, e questa crisi è stata acuita da un nuovo attore che ha rubato la scena nel campo del populismo, il Movimento 5 Stelle, come si nota dallo smottamento elettorale leghista in Veneto. La Lega comunque ha un grande bacino di voti grazie alla sua struttura organizzativa, una risorsa alla quale ha attinto sia nel 2011 sia nel 2013. Il partito però si è ritrovato tramortito. Maroni ha dimostrato di non essere in grado e di non voler essere leader e gli è successo Salvini, un eurodeputato assestato su posizioni sopra le righe che è stato scelto dai militanti nelle primarie di dicembre contro Bossi, perciò ha pescato i consensi nella parte più ortodossa.
Qual è il piano del nuovo Segretario per risollevare il partito?
La tattica e la strategia di Salvini mirano a uscire dall’anonimato, lungo tre direttrici. Primo, Bossi non c’è più, perciò è necessario ricreare il legame con la base puntando sull’identità, anche se Salvini non sarà mai Bossi. Secondo, lotta anti-partiti e anti-establishment, anche se c’è già il Movimento 5 Stelle che è ancora più ‘anti’. Terzo, il populismo, che è naturale per la Lega: questo partito o è populista o non è. Maroni aveva tentato di normalizzare la Lega per renderla l’ala radicale del centrodestra ma poi il Pdl è venuto meno e Forza Italia si è radicalizzata, perciò il tentativo è fallito e il partito ha dovuto tornare alle origini, cioè al razzismo, all’opposizione all’immigrazione e all’anti-meridionalismo. Il razzismo leghista arrivò nel 2001, quando il partito abbracciò l’anti-islamismo, una novità visto che in principio la Lega non aveva posizioni molto religiose anche se assecondava l’elettorato cattolico in Veneto. E i toni razzisti della Lega – vorrei sottolinearlo – sono molto, molto preoccupanti, e la stampa li prende sotto gamba. Il ministro dell’Interno dovrebbe intervenire per apologia di fascismo contro gli attacchi leghisti alla ministra dell’Integrazione, che pur contestabile su molti aspetti non può essere denigrata per il colore della pelle, una violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Dunque il piano è un ritorno alle origini?
Il ritorno alle origini è la strategia per uscire dall’angolo, ma è anche dovuto a ragioni strutturali: la Lega è un partito di estrema destra. Questo spiega anche l’accordo con il francese Front National di Marine Le Pen in vista delle elezioni europee di maggio. C’è un problema, però: nel partito la posizione estremista non è egemonica. Bossi e Maroni, per cultura politica, derivano da una tradizione diversa, ebbero una piccola esperienza in partiti di sinistra, e concentrano i loro sforzi sul federalismo. Quello dell’attuale segreteria leghista invece è razzismo puro, coniugato al tema del lavoro, visto il contesto di crisi.
Lo slogan dell’ultimo congresso federale della Lega Nord, nel dicembre 2013, è stato ‘Futuro è indipendenza’. Echi di ‘Padania libera’, lo slogan del congresso del 1997, in periodo secessionista. Torna la battaglia per la secessione, dopo il periodo del riformismo federalista, o è propaganda per riconquistare il consenso perduto?
È propaganda, perché sanno che quella strada ha fallito. Nel 1996 la Lega ottenne il suo massimo elettorale, superando il 10%, ma non ne fece alcunché. L’anno dopo s’inventò la Padania perché non era riuscita ad essere l’ago della bilancia politico, ma non c’era alcuna armata: qualche testa calda sì, ma ad imbracciare i fucili sarebbero stati soprattutto vecchietti. Il Nord non aveva risposto e Bossi lo capì; nelle elezioni europee del 1999 e in quelle regionali del 2000 la Lega andò malissimo e il leader impose una nuova alleanza con Berlusconi a un partito recalcitrante, dato che la base è fortemente anti-berlusconiana. Grazie all’aiuto dell’alleato la Lega approdò in Parlamento per un soffio, nonostante fosse sotto soglia con il suo 3,9%, e al governo, dove Bossi tentò di far approvare il federalismo. Salvini, che è anche lui ‘animale politico’ anche se rude e razzista, declina questa cosa in termini di ‘Prima il Nord’, difesa dell’Italianità.
Bossi, ieri, mentre si parlava di una ‘clausola Salva-Lega’ da inserire nel testo di proposta di legge elettorale – clausola che alla fine non è stata inserita – ha dichiarato che «c’è il rischio che la Lega scompaia dal Parlamento e, in quel caso, l’unica strada sarebbe una lotta di liberazione per la quale siamo già pronti». Sempre propaganda?
Una boutade. Comunque, con uno sbarramento nazionale al 4% la Lega potrebbe entrare comunque in Parlamento se in campagna elettorale battesse sul rischio di restare fuori.
In futuro l’elettorato della Lega potrebbe essere conquistato da altre forze, come il Movimento 5 Stelle o Forza Italia?
L’elettorato leghista è stato già ‘cannibalizzato’. Al di sotto del 2% o 3% non può andare, quello è il suo zoccolo duro.
Alle elezioni europee di maggio la Lega Nord sarà presente con il suo simbolo anche nel Mezzogiorno. Salvini ha detto che «un’altra Europa fondata sul lavoro» è «cosa gradita non solo ai leghisti ma a tantissima gente anche al Sud»; che riceve «tantissimi messaggi e inviti a presentarci anche al sud»; e che intende ‘esportare’ nel Meridione la battaglia anti-euro. Riuscirà il partito a raccogliere consensi fra quanti definiva spregiativamente ‘terroni’?
La Lega lombarda nacque negli anni ’80 come movimento soprattutto anti-meridionale. Già dal 2008 al 2009 la Lega Nord adattò i suoi temi alla crisi, ad esempio sul lavoro con il ‘welfare chauvinism’, il welfare prima agli italiani. L’opzione di presentarsi anche nelle circoscrizioni Centro, Sud e Isole non è una grande azione rivoluzionaria, la Lega si era già presentata al Meridione con percentuali dello zero virgola. Anche stavolta non credo che il partito raccoglierà molti consensi, ma lo fa perché anche quelle poche centinaia o migliaia di voti che riuscirà a prendere al Sud serviranno a superare la soglia di sbarramento nazionale al 4% delle elezioni europee. Non penso che l’elettorato meridionale sosterrà la Lega visto che ha altri sfoghi per esprimere la propria protesta, inclusa l’astensione. E l’anti-europeismo è incarnato anche dal Movimento 5 Stelle.
Salvini intende costituire un gruppo parlamentare europeo euroscettico e ha stretto un accordo con Marine Le Pen del Front National che comprenderà l’olandese Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders. Questa intesa quanto sarà utile alla Lega per riconquistare alle europee i voti persi alle politiche?
Francamente non vedo come quell’accordo possa aiutarla in questo. Ci sono già partiti di estrema destra come Forza Nuova in lizza alle europee.