Sarà un test nazionale. E di questo bisogna tenere debitamente conto. Ché Bologna da sempre condiziona, incide, pesa sulla strada per il centro-sinistra italiano. Le elezioni amministrative della primavera 2021 vedranno al voto oltre 1.300 comuni, e cinque tra le sei città più popolose: Roma, Milano, Napoli, Torino e appunto la capitale felsinea. Dove la campagna elettorale non è affatto entrata nel vivo come spesso si racconta, ma stenta ancora soprattutto perché nessuno certifica chi sarà il candidato del Partito democratico, ossia colui/e che avrà l’onore e l’onere di provare a raccogliere il testimone di Virginio Merola, e il centro-destra si trascina stancamente rinunciando a competere.
Al carattere nazionale della consultazione per il governo di Palazzo d’Accursio si somma inevitabilmente la congiuntura, la pandemia, e questa combinazione rende necessarie scelte politiche coraggiose e innovative. Il PD sta provando a delineare un percorso e talvolta le critiche sembrano un po’ ingenerose rispetto a una delle poche forze politiche organizzate in cui (si potrebbe fare di più e meglio!) ci sono un dibattito, un confronto e una partecipazione politica degne di nota. Le recenti consultazioni condotte tra i “dirigenti” di medio livello del partito sono certamente un passo nella giusta direzione, ma non possono per nulla essere esaustive per delineare il quadro nella definizione del candidato sindaco. Gli iscritti al PD, gli elettori democratici e del centro-sinistra e persino i cittadini “interessati” andrebbero coinvolti, in una logica “estroversa” del PD, evitando una dinamica “introversa” e di chiusura che tanti danni ha generato nella società. Bologna serba risorse ampie e dense di partecipazione, espressa e potenziale, dai comitati, alle associazioni, ai sindacati, ai gruppi, ai movimenti, che apparirebbe davvero strano se il candidato a sindaco fosse selezionato da pochi intimi. I partiti, come dicevamo alcune settimane orsono su queste pagine, hanno il diritto di esercitare il ruolo di proponenti per evitare le derive populiste, ma al contempo devono leggere il contesto storico e sociale mutato. Un nome altro rispetto a quelli in circolazione, sebbene sempre possibile, appare difficile da far accettare al partito che con fatica rimane compatto, almeno formalmente. Né la strada del c.d. papa straniero – o briscolone che dir si voglia – sembra percorribile. Il “modello Cofferati” venne imposto da Roma, da Massimo D’Alema che voleva liquidare un personaggio scomodo per sé e per il partito e accettato per lavare l’onta del 1999; ma “non sono più qui tempi là” ché non c’è il Partitone e difficilmente l’intendenza seguirebbe. Ergo, saggezza suggerisce di coinvolgere the people. Gli elettori del PD e del centro-sinistra. La ritrovata “normalità”, principale lascito del decennio a guida Merola, come ha ricordato Olivio Romanini su queste colonne, dovrà essere affrontata con continuità, ma anche innescando rottura e innovazione per guardare alla città del 2050. Scelte eccezionali, coraggio, idee e proposte che andranno discusse con i cittadini e i corpi intermedi.
Se, dunque, la partita elettorale del 2021 non si giocherà solo a Bologna, ma avrà chiare ripercussioni anche sul piano nazionale, e in qualche misura l’intervento della cabina di regia del PD aiuterebbe a sbrogliare l’impasse locale, le primarie rimangono certamente la strada privilegiata.
Il Regolamento nazionale del PD indica nelle primarie la via maestra soprattutto allorché non ci sia un candidato uscente. Certamente le regole si possono cambiare, con il giusto consenso e le procedure adeguate, ma finché esistono non si puo’ derogare senza motivazione e spiegazione idonee. In assenza di accordo tra i quattro principali papabili espressione del PD, la soluzione va ritrovata nell’Assemblea cittadina del partito. Qualora ci fosse una maggioranza di delegati a favore di uno di essi formalmente si potrebbe non procedere alle primarie. Ma, temo, che senza un numero cospicuo di consensi (superiore ai due/terzi) il PD ne uscirebbe con gravi fratture organizzative e di tenuta politica. Per cui, si proceda all’organizzazione delle Primarie. Cui, dal punto di vista teorico, possono partecipare non più di 2 candidati del PD (la soglia minima di firme da raccogliere è pari infatti al 35% dei delegati): vista la forza potenziale dei tre attualmente in corsa, due potrebbero allearsi cont(r)o terzi ovvero si avrebbe una gara tra loro, cui aggiungere eventuali altri di partiti della coalizione. Al netto della incertezza dovuta al COVID, che però non puo’ bloccare il pensiero e la lungimiranza nel progettare il futuro, il PD agisca iniziando a pianificare un percorso. Sarà importante decidere, e perciò discutere, su «Quando» svolgerle, su «Come» organizzarle, su «Chi» potrà accedere (quale candidato e quale elettore) nonché motivare adeguatamente il «Perché» e «Per cosa» il partito coinvolge i propri elettori. Se, come plausibile, e le elezioni si terranno in primavera – tra maggio e giugno – un periodo propizio potrebbe essere il mese di marzo, e perché no, proprio il 21, che sancisce la primavera oltre che la “giornata contro le mafie”. Due mesi prima del possibile voto sono esattamente il tempo necessario per “lanciare” la candidatura del prossimo aspirante sindaco, esattamente come avviene – mutatis mutandis – nel contesto americano. La crisi sanitaria, ed economica, potrebbero incidere negativamente sulla quantità dei partecipanti e su alcune categorie di cittadini. È possibile che ciò avvenga, ma non possiamo stabilire ex ante in che misura. C’è però il tempo sufficiente per mitigare queste conseguenze e, in ogni caso, una partecipazione per quanto limitata possa essere sarebbe meglio di un ristretto circolo di persone. Bologna, al solito, risponderebbe in maniera adeguata e il prescelto sarebbe più forte perché più legittimato. Inoltre, gli aspiranti sindaco mostrino ambizione e presentino il loro programma, ricordando altresì che dovranno parlare e governare per l’intera città – specialmente in caso di doppio turno – e non solo per e con il PD, e che quindi sarà richiesta una statura e una postura nazionale.