Editoriale per il Corriere della Sera
Una città senza padri? Quasi tre anni orsono il Centro San Domenico ospitò una pregevole lectio del prof. Stefano Bologni, eminente psicoanalista di fama internazionale. Il quale indicò con competenza quanto la città fosse, e sia, da lustri, senza guida. Senza una figura paterna che sappia e intenta guidarla (non ammise la figura materna non per spregevole maschilismo, ma perché è proprio così è psicoanaliticamente, disse). Più prosaicamente lo avevamo scritto. Lo avevamo persino previsto, involontariamente. Lo avevamo invocato l’intervento del padre romano ché proprio a Bologna pare non si riesca a gestire in forma ordinata la fase di selezione di candidature nel PD e per il centro-sinistra. Senza primarie nulla salus, che non sono un balsamo, ma rappresentano la più alta forma di partecipazione specialmente in una fase di fratricidio incipiente, e poi sono una delle caratteristiche del PD. Eppure, ci sono figure assai degne e meritevoli, da (in ordine alfabetico) Alberto Aitini, Elisabetta Gualmini e Matteo Lepore. E altri potenziali. In una città che ha molte risorse intellettuali. Ma, adesso, alla deriva nel processo di gestione della selezione degli aspiranti sindaco, la città, o meglio il centro sinistra sta sommando una pessima prova sul piano qualitativo. Le ambizioni sono tutte legittime, ma il senso di realtà non andrebbe varcato. La misura è colma. Ritengo indecoroso il dibattito su presunte candidature di personaggi privi di lignaggio, di alcuna minima credibilità. Il fatto che se ne discuta è un segno inequivocabile di quanto sia depressa la contesa ideale in città; alcune boutades in passato sarebbero passate in cavalleria, oggi aprono i titoli dei quotidiani. Ma non bisogna rassegnarsi, io non lo faccio, al declino. Chi tace per tattica è complice.
A Palazzo d’Accursio si sono scontrati, confrontati e misurati figure del calibro di P. Cervellati, B. Andreatta, G. Campos Venuti, G. Fanti, G. Dozza, Renato Zangheri, A. La Forgia, G. Celli, P. Casini, M. Cammelli, G. Dossetti, L. Pedrazzi, I. Dionigi… per rimanere su una lista non esaustiva, ma indicativa.
Come il PD, nazionale e locale, possa anche solo minimamente considerare plausibili “candidature” di quanti hanno il pregio di aver organizzato una ben riuscita manifestazione di piazza appare irricevibile. Sono caratteristiche poco o punto rilevanti per entrare nell’agorà politica saliente. Qualcuno bisogna che lo dica, per uscire dall’ipocrisia che rischia di avviluppare il dibattito, con danni esiziali. I padri hanno abdicato, eterni adolescenti anche loro, a indicare la strada, a dare l’esempio, a redarguire. Lo spazio per i “ggiovani” è sacrosanto, figurarsi. Ma la distribuzione dei talenti non è ascrittiva né connessa intrinsecamente all’anagrafe. E quando i padri non svolgono il loro ruolo, i pargoli entrano in gioco. E poi raccogliere i cocci è complicato e doloroso. I partiti, le organizzazioni debbono svolgere un ruolo di filtro, di cesura e di censura, di selezione che avviene con superamento di prove. Nel settecentesimo anniversario dalla morte del Sommo Poeta, è forse utile ricordare che proprio Dante vedesse in Bologna non più la vivace città di studi, ma uno spazio infernale: «Qual pare a riguardar la Garisenda sotto il chinato quando un nuvol vada sovr’essa sì ch’ella in contrario penda, tal parve Anteo a me, che stava a bada di vederlo chinare…».
Bologna forse non è sazia e disperata come disse l’arcivescovo Biffi. Ma la pandemia, la crisi sociale ed economica, la hanno segnata. E la colpiranno profondamente, cambiandola. Per ripartire è necessario dare fondo a tutte le risorse economiche, intellettuali, sociali, politiche per rilanciare non solo il ruolo della città in Italia, ma la sua naturale propensione europea ed internazionale. Come ha ricordato Romano Prodi «il condiviso grande traguardo in grado di aggregare i necessari consensi esiste e si chiama Next Generation Eu». Su questo la città esprima progetti, idee, proposte, persone, ossia il meglio che ha. Che è tanto.