Il mio editoriale per il Corriere di Bologna
“Bologna per me provinciale Parigi minore”. Così il Maestro Francesco Guccini definiva la città adottiva. Parimenti, le primarie del PD (centro-sinistra) somigliano alla politica francese, almeno nell’atteggiamento dei due candidati, nella maniera in cui stanno conducendo la campagna elettorale in queste settimane. Matteo Lepore somiglia a François Mitterrand, mentre Isabella Conti ricorda il percorso di Emmanuel Macron. Entrambi eletti Presidenti della Repubblica, con strategie asimmetriche, ambedue vincenti, in contesti di rinnovamento del sistema. Di passaggio di fase.
Considero, come scritto, le primarie quali primo turno della competizione autunnale, e in parte anche il ballottaggio, a meno che il centro-destra non dimostri capacità eclettiche nell’ultimo miglio, o il centrosinistra imbocchi la strada fratricida. In questa dinamica Lepore sta giocando una partita molto identitaria, che rimarca i confini politici dello schieramento – ideologico e partitico – che lo sostiene. Richiama la Storia della città, della sinistra, i suoi valori e le sue prospettive. Senza arroganza, ma con tranquillità, a volte sfociando in eccessiva fiducia nel proprio campo. Sta operando un richiamo alla mobilitazione, alla fierezza della tradizione, del buongoverno, con temi “tipici” della socialdemocrazia, dai diritti, all’ambiente, al lavoro. Punta cioè a vincere invitando tutto il bacino progressista a votare il 20 giugno per sancire immediatamente un’affermazione definitiva. La Force tranquille che evoca – non sempre seguita nella filosofia da taluni pasdaran troppo facinorosi – potrebbe essere la carta vincente, ma considerando adeguatamente la seconda parte del match, ossia l’eventuale ballottaggio autunnale. Anche Mitterrand puntava a mobilitare i “suoi” al primo turno, mostrandosi come candidato di partito, per poi presentarsi “presidenziale” al duello finale, dovendo giocoforza ampliare l’area di riferimento per giungere all’Eliseo. Sapeva cioè, come scrisse e disse, che il “serbatoio” a sinistra – allora il PCF – era ormai quasi svuotato e, dunque, dovesse per forza aprire, non a singole sigle, ma all’intera Francia. Lepore punta a giungere in testa senza “compromessi”.
La candidata Conti pare stia conducendo una campagna che genera una dinamica uguale e contraria. Evoca i tratti di concorrente indipendente, slegata dai partiti, di amministratrice capace e innovatrice, competente e decisionista. In grado di guidare la macchina organizzativa di Palazzo d’Accurso senza negoziati, senza le temperie dei partiti, con piglio innovatore e moderno. Ricorda la discesa in campo di Macron che sfidò l’establishment socialista di cui prosciugò le traballanti basi elettorali ed organizzative. Conti mira a disegnare un campo largo senza l’ingombro dei partiti, senza l’impiccio delle sigle politiche e, sempre come Macron, si rivolge a tutti sin dal primo turno. Ha intravisto la opportunità di scardinare il sistema partitico e di farlo invocando l’appoggio dei cittadini-elettori in quanto tali, senza etichette politiche. Con scivolate in richiami populisti. In qualche misura, Conti è, tecnicamente e in forma avalutativa, una candidatura antisistema, intesa a disarcionare il gruppo che amministra la città da due lustri. È però trattenuta dall’infliggere il colpo finale perché ha nel suo ricco pedigree una solida esperienza politica-partitica, e il sostegno del candidato vice Alberto Aitini, e di ampi settori democratici. Non c’è soltanto la recente militanza in Italia viva, e soprattutto nel PD, ma anche l’attivismo nei Democratici di sinistra, che essa stessa spesso rivendica per scacciare insinuanti attacchi su sua deriva destrorsa. Conti, proprio insieme a Lepore, era nella segreteria provinciale dei giovani DS. Ergo, chiuderei la diatriba sul punto. Lepore non mi pare uno stalinista né Conti una sprovveduta parvenue.
In tutto questo i temi, gli argomenti, si stanno pericolosamente eclissando sebbene presentati dai candidati, ma sommersi dal rumore di fondo della diatriba, degli ultras, dello scenario di guerra interna. In cui si è insinuato recentemente un altro scontro latente, ma permanente in città, quello tra Ascom e mondo cooperativo. Mentre la città ha bisogno di crescita economica, di sicurezza fisica e sociale, di cultura e visione. Gli sfidanti possono essere artefici di una presenza maggiore di Bologna in Europa.
Lepore affronta le primarie/primo turno come fossero l’antipasto dell’incoronazione, rivolgendosi ai “suoi”, per fare il pieno di consensi di “sinistra”. Conti gioca la competizione interna come se si trattasse del ballottaggio delle vere elezioni comunali appellandosi ai bolognesi e per svuotare il bacino del malumore piddino. Chi la spunterà, dunque?
Due strategie opposte, entrambe potenzialmente vincenti. La chiave di volta sarà la partecipazione elettorale. Tutto dipenderà infatti da quanti saranno coloro che andranno alle urne (virtuali o reali), e da quali profili avranno gli elettori mobilitati nella vigilia d’estate.