Editoriale per Corriere della Sera (Bologna)
Difficile. Essere sindaco di una città prima in classifica per “qualità della vita” è una impresa ardua, tale da far desistere molti, tra gli umili e i consapevoli in particolare. O induce ad osare gli intrepidi, quelli con una visione, amore per la città, competenze e intuito politico.
Il risultato che indica Bologna in testa quanto a condizioni socio-economiche è la (ennesima) certificazione di quanto cittadini e ospiti (e persino turisti) possono immediatamente percepire visitandola, seppure per poche giornate o addirittura ore. Si tratta del compimento di un processo iniziato settant’anni fa, nei mesi della Resistenza che diede slancio alla passione civica, alla voglia di riscatto, di solidarietà, pace e progresso. Il disegno riformatore fu costruito dalle forze politiche progressiste e di sinistra, dal Partito comunista che fu intelligente a coinvolgere nel patto sociale tutte le forze vive della città, o meglio della regione. Non è un dono caduto dalla stratosfera, ma “frutto del lavoro” del popolo di Bologna, che con fatica ha compiuto un quasi miracolo portando la città da un cumulo di miseria ai fasti uguagliando le socialdemocrazie scandinave. Si tratta della lungimiranza di amministratori e politici (!), della capacità di elaborazione del Partito, della intelligente collaborazione con professionisti e intellettuali (si pensi a P. Cervellati su tutti). L’abilità nel fare sistema, coinvolgere gli interessi economici, sociali, cooperativi, sindacali e religiosi, con un approccio complessivamente pragmatico. Che del resto erano l’insegnamento e la linea dettate da Palmiro Togliatti nel suo “ceto medio e Emilia rossa”. Il tutto senza smarrire gli ideali di avanzamento sociale e civile, sebbene qualche scivolone ci sia stato come quando il Partito e l’Amministrazione risposero chiudendosi in modalità “burocrate automatico” nei confronti del Movimento nel 1977.
La classifica stilata annualmente da Il Sole 24 Ore merita attenzione e considerazione. I dati dicono che la città consolida la sua posizione su una serie importante di fattori, con la pessima prestazione sugli indicatori di “giustizia e sicurezza” la cui pur controversa interpretazione non puo’ però essere superata con una battuta di ciglia. I dati vanno presi tutti. E i dati, non per malafede, ma per scelta del “disegno di ricerca”, non dicono altre cose altrettanto importanti. Come il PIL che secondo la celebre critica di Bob Kennedy includeva i carri armati tra i prodotti della ricchezza. Non siamo a quel parossismo, ma una riflessione sul turismo mordi (distruggi il capitale sociale) e fuggi andrebbe fatta, con scelte conseguenti. È un po’ come aggiornare il paniere dell’inflazione che per qualche tempo ha tenuto dentro il costo dei fiammiferi, mentre il Paese si avviava al Wi-Fi.
Alcune cose non sono visibili alle rilevazioni, ma le sentono i cittadini. La paura del futuro, il timore in alcune zone in una città che per fortuna non ha periferie, la marginalità (che esiste sebbene meno isolata e stigmatizzata che altrove), la necessità di integrare, di rinsaldare i valori democratici e dell’antifascismo. L’evasione fiscale (abbattuta sui bus grazie a un lustro di azione/sanzione di Tper), il deciso calo di civismo “ordinario” ché basta fare una passeggiata/slalom sotto i Portici. O i troppi delinquenti dell’autocertificazione stanati dalla Finanza a dichiarare il falso per ottenere sussidi COVID non spettanti. Capitale sociale, civismo, cultura politica declinanti ormai da anni, e non rilevati tra gli indicatori aggregati di “ricchezza” e qualità della vita. Queste azioni le promuoveva il Partito, oggi troppo piegato sul versante governativo. Era un presidio, una sentinella attenta, madrina, ma anche vestale severa del civismo.
Sergey Bubka, un atleta sovietico specializzato nel salto con l’asta, per mantenere a lungo il primato mondiale, dopo aver provato in allenamento il massimo raggiungibile, durante le gare alzava l’asticella di un centimetro per volta. Così da potere ripetere il “record” dilazionandolo nel tempo. Per Bologna, dunque, la sfida è difficile perché dovrà fare sempre meglio. Da quel podio prima o poi scenderà di qualche posizione. E non sarà un dramma, è inevitabile, se insieme agli allori non avrà perduto l’anima.
Bologna (il dato fa riferimento all’intera provincia) merita il primo posto. E questo risultato è una sfida per il Partito democratico, chiamato a confermare la prestazione, e lo è anche per l’opposizione, la quale deve alzare il tiro e, di molto, la qualità della proposta per competere. Sarebbe anche ora che parlassero i “salotti” che, come ricordava E. Berselli, “formavano le opinioni, discutevano i problemi”. Bologna, capitale della questione morale (sempre Berselli), non è “sazia e disperata”, ma… deve stare molto attenta a non smarrire la bussola di città progressista, solidale, civica, colta, politicamente impegnata, attenta al podio, ma anche a quanti sulla tribuna non salgono ché invisibili, deboli, tristi, soli, poveri. Buon Anno, Bologna.