Il mio editoriale per il Corriere della Sera- Bologna
«Non mi dimenticherò». Matteo Lepore lo dice nel mezzo del discorso di ringraziamento la sera del 20 giugno, e la frase quasi scivola inosservata per i più. E invece è esattamente il contrario, la strada più difficile, quella meno sanguigna, quella meno ancestrale da percorrere. Lepore deve dimenticare i “suoi”, quelli che gli sono stati più vicino. Deve allontanare da sé quelli che sono più ultras, i facinorosi, gli adulatori, coloro che non vorrebbero fare prigionieri. E invece i prigionieri vanno rispettati e anche liberati e inclusi nella nuova costruzione della casa comune. Il giusto, legittimo, persino doveroso e comprensibile riconoscimento del lavoro svolto dagli alleati non può essere confuso con la necessità di travalicare confini della propria tribù. La pace normalmente la siglano i nemici. Lepore dovrà “tradire” i sodali, smarcarsi dai pasdaran, dai sedicenti e imbarazzanti guardiani della rivoluzione, per includere esponenti del mondo che ha sostenuto Isabella Conti.
Il nichilismo in politica conduce alle guerre fratricide e la propalazione di un solo verbo può essere esiziale, per tutti, ma soprattutto per i vincitori. Lepore ha reiteratamente dimostrato di essere un candidato, un politico, con molta testa, tutto raziocinio, con poche cessioni al sentimento. Il che è un bene. Ora è di fronte al dilemma del prigioniero, o meglio deve decidere cosa farne, se annichilirlo, escluderlo pretendendone lo scalpo, ovvero se includere per rafforzare la sua figura quale capo politico, potenziale sindaco e astro nascente della sinistra nazionale. Spesso dice di avere “memoria da partigiano”, ma quelle figure seppero anche “perdonare” pur senza dimenticare. Se prevalessero, se egli lascerà che prevalgano, i fanatici – spesso adulatori, di cui meglio diffidare in politica e nella vita ché sono sempre pronti a saltare da un vagone ad un altro al primo cambio di Luna – la sua sindacatura sarebbe grama, di breve respiro, di piccolo cabotaggio, ricatto perenne degli estremismi e degli isterismi di turno, a seconda del tema. La sua bella vittoria sarebbe offuscata e la sua azione di governo verrebbe catturata dai conservatori ululatori, pronti ad accusarlo di tradimento allorché dovesse, dovrà, inevitabilmente retrocedere rispetto ad alcune promesse e ad alcuni punti caratterizzanti del programma. Posto che la città si governa con l’intera società e per l’intera società e non solo per i militanti. Lepore è persona accorta e intelligente e credo/spero colga il rischio intrinseco in una operazione di settarismo se si lasciasse travolgere dagli umori dello staff e del comitato elettorale. Dovrà scontentare qualcuno di loro, ma se lo facesse sarebbe un bene per la città e per il suo governo.
Nelson Mandela neoeletto Presidente suscitò scandalo tra i neri prendendo tra le sue guardie del corpo uomini di pelle bianca, ma volle dare un segnale chiaro di pacificazione. Difficile, forse impraticabile, certamente complicato da gestire, un coinvolgimento diretto di Conti, ma Lepore per navigare a lungo e ragionare su una prospettiva decennale, dovrà evitare che i “suoi” azzannino la fiera ferita. Gli esecutivi nelle democrazie sono espressione del personale partitico, ed è quindi perfettamente coerente che gli incarichi, le posizioni di pregio e responsabilità, la rappresentanza siano allocate innanzitutto alle forze politiche che hanno sostenuto la sua candidatura, frutto di una scelta di campo. Non si tratta di cedere alle lusinghe dei “tecnici”, alle sirene del populismo accattone che rivendica l’uguaglianza delle incompetenze in nome della parità dei diritti individuali. I governanti e gli amministratori vanno selezionati all’interno della formazione politica di riferimento, e questa stessa può e deve farsi carico di attingere risorse dalle energie cittadine e della comunità, anche al dì fuori dei “militanti”. Lo snodo politico centrale è il peso, l’orientamento, la salienza che il candidato vincitore, e il probabile futuro sindaco, intenderà conferire alla propria azione di governo. Se ripiegata sugli allori dei transeunti fasti elettorali delle primarie, ovvero se intenderà guardare lontano, in una città pragmatica, laboriosa, colta, attiva e viva politicamente, ma sempre attenta alla forma ed ostile agli -ismi.