THE PRESIDENTIALIZATION OF POLITICAL PARTIES

THE PRESIDENTIALIZATION OF POLTICAL PARTIES
My post on Presidential-power blog

PartiesPRESWhat actually makes a president of the Republic a leader in (semi-)presidential regimes? And when, if ever, is it possible that a party leader, once he or she has become the head of government in a parliamentary regime, can come close to the style of leadership in similar cases in which the separation of powers exists? If the institutions influence the behavior of politicians, and thus of the parties, it is necessary to understand and explain if and in what way it is possible to refer to ‘presidentialized’ party organizations outside of the institutional context that defines its characteristics: the presidential regime.

The presidentialization of politics is a relatively new and important phenomenon. However, the term presidentialization has become highly debatable. In particular, the more contentious side is offered by the suggestion that presidentialization of politics could make (semi) presidential regimes and parliamentary ones more similar to presidentialism. Leggi tutto “THE PRESIDENTIALIZATION OF POLITICAL PARTIES”

Il blairismo: riformismo o conservazione?

Blair«Non concentriamoci su come pensiamo di essere, ma su come siamo percepiti». E, «non potremo mai più essere i più grandi, ma potremmo essere i migliori». In queste due proposizioni di Tony Blair può essere riassunta l’azione riformatrice del leader laburista rispetto alla visione del suo partito, nel primo caso; e al progetto sociale ed economico di rilancio della Gran Bretagna, nel secondo.

Dopo quasi vent’anni dal 1 maggio del 1997 è opportuno rileggere le vicende che hanno attraversato la più longeva esperienza riformista del contesto europeo: dopo quattro sconfitte consecutive e diciotto anni di dominio conservatore, Blair, alla guida del partito laburista dal 1994, ottiene una storica ed eclatante (in voti e seggi) vittoria, riportando il Labour alla guida di Downing Street. Dove resterà fino al 2010, dopo la successione Gordon Brown-Tony Blair del 2007.

Per analizzare in forma compiuta e scevra da condizionamenti ideologici preconcetti una tale extra ordinaria vicenda politica, elettorale, sociale ed economica, è assai utile leggere il volume di Florence Faucher e Patrick Le Galès, meritoriamente edito in versione italiana da Franco Angeli. L’esperienza del New Labour è un agile e denso testo che aiuta a individuare i fattori discriminanti che hanno reso possibile tale affermazione di leadership, governo e partito.

La giornata che celebrava la Festa dei Lavoratori coincise con il trionfo del partito nato dalla costola del sindacato, e da questo sostenuto, dal conflitto, dalla frattura tra capitale e lavoro, nella patria dell’industrialismo. Erano gli anni del Mito e della retorica sul Centrosinistra “mondiale”, sull’Ulivo mondiale, sulla Terza Via mondiale. Si trattava di una sovrapposizione concettuale terribile, posto che ciascun lemma rimanda(va) a prospettive politiche e programmatiche solo parzialmente e superficialmente simili. Ma, si sa, le suggestioni fanno presa e la vittoria della Gauche plurielle del calvinista Jospin qualche mese dopo la prestazione di Blair, preceduta dalla storica affermazione dei post-comunisti in Italia e del secondo mandato del Presidente Bill Clinton, fecero il resto. La maggioranza dei Paesi europei governati da governi progressisti. Il resto è Storia.

Senza nessuna velleità né volontà di riassumere il contenuto del testo, mi limito a riportare due aspetti cruciali nell’azione dei governi Blair. Due chiavi di lettura complementari e mutuamente dipendenti. La prima, relativa alla riforma del partito: da Labour a New Labour. Non solo una distinzione e differenziazione semantica, ma una sostanziale e cospicua rivisitazione e rifondazione del partito. Su basi ideologiche e organizzative nuove. Rinnovate in termini sostanziali e formali per rispondere a una visione diversa di politica e di politiche.

La leadership del New Labour risiede in parlamento. Succede così per i partiti britannici in genere, prova ne sia la sfiducia dei deputati (quelli che noi chiamiamo «gruppi parlamentari» sono il partito) nei confronti di Margaret Thatcher e dello stesso Blair. Conferma che nei contesti parlamentari è cruciale essere, e rimanere, leader del proprio gruppo, pena la defenestrazione politica. Senza tanti complimenti.

In ogni caso il punto focale, seconda chiave di lettura, è che la modernizzazione sostenuta da Blair e dai suoi collaboratori (Gordon Brown in testa) mira a un disegno strategico in cui il partito diventa strumento per l’attuazione di riforme in un progetto a medio-lungo termine. Gli effetti delle politiche possono oggi essere analizzati in forma avalutativa e compiuta. Forse sarebbe il caso di ripetere l’operazione anche per i governi italiani, lasciandosi cioè alle spalle l’ansia della valutazione partigiana per ri-stabilire i giusti contorni di vicende complesse. Conoscere per decidere, raccogliere dati e informazioni su un lasso di tempo medio-lungo, altrimenti l’analisi scade nella cronaca corrente.

Viceversa, il volume di Faucher e Le Galès riporta con grande accuratezza i dati macro-economici, ma anche i dettagli relativi agli effetti controversi delle singole politiche. Frutto di discussioni, approfondimenti, analisi accurate dello staff governativo che adotta un approccio «razionalista» e votato ai paradigmi del New Public Management: lo Stato non è più erogatore di servizi universali, ma si fa garante della regolazione e competizione tra soggetti, spesso privati, che forniscono prestazioni in vari settori sociali ed economici.

Emerge una Great Britain che (forse) non ti aspetti: il Paese con la maggiore povertà tra minori (con condizioni, mutatis mutandis, che però sono “simili” a quelle raccontate magistralmente dal Dickens di Oliver Twist). Anche perché le politiche familiari sono molto deboli e le ragazze madri (single) sono una ferita non adeguatamente lenita dal welfare britannico. Ferita solo enunciata da Blair.

Il Ken Loach di Piovono pietre o di Riff-Raff. Povertà e violenza. Miseria e periferia, capitalismo selvaggio e assenza di sostegno governativo. Effetto in larga misura dell’azione promossa dalla Lady di ferro che si spese per una politica hands-off nelle vicende sociali: il mercato ri-stabilirà gli equilibri. È il trionfo del darwinismo sociale. The Spirit of ’45, ancora Loach, richiama quale fosse lo “spirito”, la visione politica che diede impulso per la nascita del Welfare State. Cui Blair e il New Labour non risponderanno con un nuovo «statalismo», ma con un’azione regolatrice dello Stato, benché gli investimenti statali furono cospicui specialmente in ambito sanitario e scolare. Tema dunque della disuguaglianza cui il New Labour ha tentato di dare una risposta su basi soggettive e mitigando gli effetti del capitalismo e non già in termini strutturali. La distanza tra i meno abbienti e i più ricchi è in parte diminuita, ma rimangono distanze abissali in un Paese tra i più diseguali al mondo.

6793734_piovonopietreLa vittoria conservatrice del 2010 (si veda il testo di G. Baldini e J. Hopkin, La Gran Bretagna di Cameron) e la successione all’interno della leadership del New Labour aprono nuovi scenari e pongono il partito di fronte a nuove sfide, interne e internazionali. Per affrontare le quali, in ogni caso, la classe dirigente laburista dovrà «fare i conti» con gli anni dei governi Blair. Leggi tutto “Il blairismo: riformismo o conservazione?”

Kasparov vs Putin

la recensione su “Doppiozero” del volume di Garry Kasparov

Il giocatore di scacchi per eccellenza, il campione del mondo per tre lustri. Il rimando mentale alle scuole sovietiche per bambini prodigio e le tetre atmosfere di periferie ostili. Oppure Ingmar Bergman e la partita con la morte. Bene, lasciamo da parte (per ora) queste facili suggestioni. Il testo di Garry Kasparov,  non è un libro su Vladimir Putin. O meglio non parla soltanto della eccezionale (intesa come non deroga a varie “norme”) carriera e storia politica e di potere del presidente russo. Kasparov dimostra di essere un fine analista politico, un esperto di relazioni internazionali, un profondo conoscitore della storia russa ed europea, nonché un potenziale diplomatico.feature photo

Nonostante i toni usati per commentare le fantasmagoriche vicende di Putin e del suo clan siano per niente paludati, ma franchi, diretti e non proprio consoni al protocollo esigente e dettagliato delle sedi diplomatiche, il lettore che pensasse di scovare un (banale) compendio di editoriali, commenti e analisi politiche scritte da un (o forse il) giocatore di scacchi per eccellenza, temporaneamente votato all’impegno civico-politico, rimarrebbe abbastanza deluso. La saggia e coraggiosa scelta di un editore “minore” (in quel mondo di case editrici artigianali di solito si annidano titoli e autori più interessanti dei “best seller” da vetrina) consente di interpretare agilmente il Kasparov pensiero. Leggi tutto “Kasparov vs Putin”

The Consequences of Electoral Laws on the Party System

POLIS n. 1/2014 (link)

The article focuses on the 2013 Italian general elections, which are indicative of the political and electoral effects that the different electoral reforms have produced in Italy since 1993. The Italian political system has in fact seen three electoral reforms in the last twenty years, after quite a stable period from 1948 to 1993. Following the “classic” approach that links electoral laws and political outcomes, we present data on the effects of the various electoral systems over the past two decades. Detailed information on the number of (effective) parties, representation, party size, government durability, the nationalization of the vote, seats to the two biggest parties, etc. will be presented. Upon illustrating the technicalities of the electoral systems and the related reforms approved in the last twenty years, the expectations of the political players will then be presented too. The data illustrated furnishes a good starting point for deeper analyses and the theoretical consequences that arise. The Italian scenario represents a crucial case in verifying the hypothesis related to the causal effects of the electoral laws on the outcomes of political and party systems. Some counter-intuitive results will also be highlighted.