L’esempio di Bordeaux

Alain Juppé è stato primo ministro francese, deputato, ministro e anche sindaco di Bordeaux tra il 1995 e il 2004. In quel periodo ha cumulato per due anni le cariche di capo del governo e di primo cittadino, e in questa veste ha lanciato un radicale piano di ammodernamento della città soprattutto sul versante dei trasporti. I lavori sono durati alcuni anni e hanno generato una discreta protesta, pessimismo e sfiducia. Ma alla fine i detrattori del progetto sono stati i primi a ricredersi ed oggi la città celebre nel mondo per il vino e… è dotata di una efficiente, moderna, e anche bella rete tramviaria (c’è persino una versione a forma di bottiglia di vino). Le macchine sono un brutto e pericoloso ricordo, e ovviamente di motorini nemmeno l’ombra, ma una silenziosa e sicura rete di quattro linee che percorrono ottanta chilometri fermandosi in 137 stazioni

La costruzione della rete tranviaria ha modificato l’impianto urbanistico, spostando il traffico automobilistico e riducendolo, e con il centro profondamente rinnovato e migliorato, e nel complesso conferendo centralità alle persone, ai pedoni.

A Bologna, che per molti aspetti presenta delle analogie e similitudini con la capitale dell’Aquitaine, la realizzazione del tram pare un desiderio post-posto e non ancora esaudito. Per anni si è dibattuto, litigato, taciuto, a fasi alterne sulle varie proposte, dal ferro, al Civis, a Emilio, a varie idee più o meno esuberanti. Ora, finalmente, il nuovo sindaco sembra abbia risolutamente preso in mano il dossier e pare intenzionato a condurlo in porto in tempi rapidi, o meglio ragionevoli per la portata dell’opera. La posizione chiara e decisa di Lepore evoca quella di Juppé che con la sua scelta pro-tram cambiò le sorti dell’opera rispetto al diniego del suo predecessore Chaban-Delmas, alla guida della città per mezzo secolo. Sulla questione “lavori in corso” si è aperta una diatriba che da un lato vede legittime preoccupazioni di cittadini, dall’altro una querelle politica con la destra che si oppone. Le persone meritano, hanno diritto ad essere audite, ad essere ascoltate e le loro posizioni vanno prese in considerazione, e le loro paure espunte con argomenti e spiegazioni. Esiste un cronoprogramma chiaro, definito, partecipato, ma se necessario si potranno fare altri confronti coi gruppi interessati in un costante canale di partecipazione al processo. È importante coinvolgere i gruppi sociali purché però non si spaccino come tali interessi corporativi e si usi il paravento di “comitati” per mascherare posizioni politiche. La città ha un grave problema di inquinamento dell’aria, che certo non dipende solo dalle scelte di Palazzo d’Accursio, ma da una gestione complessiva dell’intera Pianura padana. Tuttavia, se mai si inizia a cambiare passo con una cospicua dose di trasporto pubblico difficilmente la situazione, e la nostra salute, specialmente di anziani e bambini, miglioreranno. Ma talvolta il dibattito a Bologna diviene insopportabilmente provinciale ed emergono conservatori di ogni risma, corporativismi e difese di interessi e posizioni acquisite. Si narra persino che nella vicenda elettorale del 1999 abbia pesato infaustamente per la sinistra la costruzione di un attraversamento pedonale rialzato in Via Emila Ponente, figurarsi… Ovviamente, in questa dinamica di chiusura, che a tratti è vero e proprio oscurantismo, si inserisce la destra che con Lega nord e Fratelli d’Italia da sempre osteggia ogni operazione che secondo loro “non è necessaria”, “ucciderebbe il commercio” e rallenterebbe il traffico. Argomentazioni evidentemente fasulle, non corroborate da nessun dato da nessuna comparazione con casi analoghi, da una visione complessiva anche da chi dovrebbe garantire leale collaborazione istituzionale e non un sabotaggio sistematico. Le rotaie del futuro non possono essere bloccate da sparate di caporali di giornata. Un approccio ideologico, di rifiuto del futuro. Uno sguardo miope, di breve periodo e mirante a costringere Bologna a rimanere legata al cliché di città delle antiche Mura entro cui si “vive bene”, tra Università e cucina tradizionale. Ma questa logica condannerebbe “le Due Torri” a un destino da cartolina, alle oscillazioni del mercato turistico, al rischio di snaturare il tessuto sociale; il tutto mentre per le vie cittadine scorrazzano pericolosamente troppe auto e soprattutto moltissimi motorini. La qualità dell’aria, della vita di chi vive e lavora a Bologna passano da scelte importanti, e quella del tram lo è: purché si costruisca presto e bene. Sarà una occasione di crescita e ricchezza materiale e immateriale, di miglioramento della qualità dell’aria. La destra locale attardata in un diniego preconcetto potrebbe imparare da quella francese, ma credo che guardi più a Budapest e Varsavia che a Parigi. O Bordeaux. 

Meloni-Salvini contro Schlein-Lepore

Per Niccolò Machiavelli i nuovi Principi per crescere devono costruire dei nemici. E la destra leghista/post-fascista ha individuato in Bologna il bersaglio centrale. Il crescendo di critiche – fisiologiche e democratiche – si è nelle ultime settimane trasformato in un sistematico attacco a Palazzo d’Accursio e in particolare al Sindaco Lepore. Il quale è stato oggetto di intemerate da parte degli esponenti locali del duo Lega-FdI, in particolare per le sue posizioni sui diritti civili, ma anche sui diritti sociali nella proposta della città – ancora da costruire in pieno – “più progressista”. Quel progetto rappresenta un Manifesto ostile su tutti i fronti all’agenda del governo di destra-destra che guida il Paese. Per Palazzo Chigi la città felsinea è il principale e più credibile, e perciò pericoloso, avamposto dell’opposizione sociale, culturale e politica al disegno di ridefinizione dei rapporti di forza in Italia. Il principale avversario, ma anche il baluardo da cui il PD e i suoi alleati potrebbero rilanciare la sfida, e perciò nei radar meloniani disturbano la navigazione futura.

La distanza è netta e profonda, con il rischio, e forse per qualcuno è anche una volontà e un auspicio, che si trasformarsi in frattura. Su tutti i temi cruciali Roma e Bologna sono agli antipodi. Sulla Costituzione, sulla memoria, ma soprattutto sulla storia dell’antifascismo, sullo ius soli e quindi sulla definizione di cittadinanza. Le urla contro le lezioni di Lepore di civismo nelle scuole vanno al di là di uno scandalo solo immaginato. Sui migranti dopo la strage di Cutro, Bologna ha per l’ennesima volta mostrato pietas e solidarietà, mentre a Roma il Governo restava di sasso sulle dichiarazioni del Ministro Piantedosi, allineate alla tradizione del predecessore leghista. Sul progetto nazionale, Lepore ha più volte chiaramente indicato la strada per tenere insieme il Paese evitando che il Sud rimanga stritolato dalla riforma di c.d. autonomia differenziata che suona quale secessione dei ricchi, mentre Fratelli d’Italia ha ormai appaltato alla Lega (nord) il tema per ragioni di equilibrio coalizionale. E anche sulle famiglie omogenitoriali il punto di distinzione è chiaro.

La sinistra bolognese che guida però l’opposizione presenta un Pantheon progressista, mentre la destra-destra una lettura ultra-conservatrice e reazionaria, con chiari tratti di nazionalismo identitario. Sul piano sindacale la Presidente del Consiglio condanna l’”estrema destra” parlando dal palco della Cgil, ma non riesce a rimarcare la matrice fascista dell’assalto alla sede del sindacato, mentre Bologna dialoga con i rappresentanti del mondo del lavoro e della cooperazione e difende i patrioti/partigiani. Dalla città a misura di bambino e di pedone che la giunta bolognese sta varando, alla velocità da incrementare sulle autostrade proposta da Salvini. Il quale ricorda ancora amaramente il colpo di schiena civico-politico delle Sardine che lo mandò al tappeto proprio da Bologna e che consentì a Stefano Bonaccini di rimanere guida della giunta regionale. Insomma, un armamentario di differenze che al di là dei singoli punti, marcano il territorio e preparano il confronto futuro. Meloni e Salvini da un lato e Schlein/Lepore dall’altro. Bologna è sempre stato un simbolo politico, bacino elettorale della sinistra e fucina di amministratori locali; luogo di sperimentazioni e di contaminazioni, di elaborazione politica e di progetti elettorali, dalle prime giunte di centro-sinistra fino all’Ulivo, le primarie e Romano Prodi, fino alla prima segreteria donna del PD. E ancora la persistenza di uno zoccolo duro nei collegi uninominali alle politiche scorse. La contrapposizione non fa bene a nessuno se finalizzata a sé stessa, ma il conflitto ideale e politico, viceversa aiuta a decifrare e a chiarire le posizioni, ad elaborare. Il conflitto di idee, quando sano e pacifico, è un motore di cambiamento. Gli attacchi al duo Schlein/Lepore parlano più di quanto non dicano le dichiarazioni zelanti dei singoli esponenti della destra. La neosegretaria e il sindaco sono giovani (meno di ottanta anni in due), con un ricco pedigree politico e amministrativo e hanno idee chiare sul futuro del centro-sinistra. C’è un nuovo paradigma che va al di là delle singole politiche: la destra ha indicato il campo di battaglia futuro, ha marcato il territorio per scavare le trincee del confronto elettorale del domani prossimo. Bologna è insomma nel mirino politico delle forze di coalizione maggioritarie in Parlamento: è un salto di qualità, il riconoscimento di un ruolo guida del campo progressista, individuato in Bologna e nei suoi massimi rappresentanti, ma anche un potenziale rischio di sistematico attacco. L’asse Bologna – Roma è sempre più caldo e nazionale. 

Gnudi e Nicolai: Bologna li ricordi

Il mio editoriale per il Corriere di Bologna-Corriere della Sera

I fatti di Palazzo d’Accursio sono passati alla storia perché prodromo alla presa del potere fascista in Emilia-Romagna e in Italia. Il 21 novembre del 1920 un manipolo di squadristi fascisti attaccò violentemente i cittadini accorsi per salutare l’insediamento della giunta comunale guidata dal socialista (massimalista) Enio Gnudi. Con pretesti, minacce, arroganza e deliberata intenzionalità, i fascisti poterono agire impudentemente con la complicità della polizia, del questore, e delle autorità preposte a garantire il rispetto della legge, che invece mostrarono passività e compiacenza. I fascisti perciò operarono sfacciatamente. Dieci i morti tra i bolognesi giunti a festeggiare la giunta socialista, speranza di molte rivendicazioni popolari e di istanze egualitarie frutto di movimenti popolari, operai, contadini, di scioperi e azione politica tesa a ribaltare un mondo ingiusto, iniquo, sostanzialmente ancorato a logiche “feudatarie”, in cui l’economia e i diritti erano appannaggio di notabili, agrari e borghesi. Nell’attacco vigliacco dei fascisti fu ucciso anche un consigliere comunale liberale, Giulio Giordani. 

Nei giorni precedenti la violenza era nell’aria, evocata, invocata, ma anche schiettamente esercitata. Balordi, camicie nere balorde, fascisti, simpatizzanti, scorrazzavano per le vie cittadine, e d’Italia, in cerca di una scusa per menar le mani, per intimidire, per rendere servigi agli agrari impauriti dal protagonismo politico del popolo, per sedare le rivendicazioni sindacali, per viltà. L’arrivo delle masse sul proscenio politico.

Adelmo Nicolai era stato scelto quale vice-sindaco per la giunta Gnudi; a Bologna si laureò in giurisprudenza, già deputato in carica eletto nel 1919 nel collegio Ferrara-Rovigo, giunse davanti a Giacomo Matteotti per qualche migliaio di preferenze nella stessa lista socialista. Nei pressi del tribunale di Bologna il 18 dicembre Nicolai fu riconosciuto, avvicinato e colpito violentemente: una bastonata in testa gli provocò ferite importanti, e gli ululanti fascisti insieme a diversi studenti non risparmiarono nemmeno il padre. Per “pacificare” gli animi alcuni invocarono un ritorno “al comune di origine” dei socialisti oggetto di violenza; una bella faccia di bronzo dei fascisti spalleggiati da troppi liberali e industriali.   

A Palazzo d’Accursio nel 1999 abbiamo visto ebbre scorribande di emuli del PNF salire sgarbatamente lo scalone principale, imitando i cavalli da cui prende il nome, e imbrattarne la solennità con urla da osteria, movenze e scimmiottamenti delle camicie nere. Intitolare una sala di Palazzo d’Accursio a Gnudi e Nicolai, per il quale non esiste nemmeno una strada, sarebbe un gesto di forte valenza politica, storica e civile. Perché la violenza non trovi mai spazio né a Bologna né altrove.

Quella giunta socialista non si insediò mai. 

Meloni ha due ricorrenze per chiudere i conti con il passato

La storia d’Italia è piena di cicatrici, frutto di ferite aperte da eventi sociali e politici, nazionali e internazionali. Tra i colpi inferti alla giovane democrazia sin dagli inizi della sua storia si distinguono due tragici eventi di cui nelle prossime settimane ricorre l’anniversario.

IL GOLPE BORGHESE

L’8 dicembre del 1970 il “principe” Junio Valerio Borghese, criminale di guerra e comandante della X Mas, flottiglia che dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aveva proseguito la guerra combattendo al fianco dei nazisti, tentava un colpo di stato.

Era l’acme della strategia golpista condotta nella penisola da frange neofasciste, componenti delle forze armate, della polizia, del mondo imprenditoriale e politico che temeva l’ingresso dei comunisti nell’alveo governativo.

Il 1970 e il tentativo, fallito, di Borghese era il prosieguo naturale delle manovre golpiste, mai del tutto chiarite che si erano dipanate nel 1964 a opera soprattutto del comandante generale dei carabinieri Giovanni de Lorenzo. E che avevano investito, sebbene indirettamente, anche il Quirinale e i rapporti del capo dello stato Antonio Segni con Aldo Moro. Il centro-sinistra e l’avvicinamento dei socialisti e delle sinistre alla Dc non era congeniale agli anti comunisti e agli atlantisti oltranzisti.

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Per rinascere il Pd ha bisogno di un nuovo Lingotto

L’identità definita nel 2007 era chiara. Chi dice che il Pd non avesse un progetto, fosse un amalgama non riuscito, legittimamente non ne condivide gli obiettivi, ma facendolo, implicitamente, ne riconosce la natura che pur critica. Oggi la situazione è drammatica, ma non perduta. Sempre che i democratici vogliano provarci, che sappiano farlo, che approfondiscano seriamente le ragioni del malessere del paese. È il tempo delle idee, dei volti nuovi ma che abbiano anche qualcosa da dire, da scrivere, da fare, e non solo delle rivendicazioni, delle azioni piuttosto.

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