Il mio editoriale per il Corriere di Bologna
Tanto tuonò che arrivarono, infine. Le primarie del PD et altri pare si terranno il 20 giugno. Ci sono due aspetti da tenere insieme in vista delle consultazioni, due punti imprescindibili che consentiranno di vedere in anticipo quale sarà la prospettiva della nostra amata città. Un punto programmatico e uno politico.
Al di là delle schermaglie, dei ri-posizionamenti, degli sponsors più o meno autorevoli, della tattica, della stancante sequela di dichiarazioni sibilline, dei lanci di agenzia e di sostegni cercati in alto ed evocati basso, è giunto il momento di udire proposte ambiziose. I punti elencati sin’ora dai principali contendenti sono certamente degni di nota, ma manca l’ossatura centrale, il disegno complessivo. Troppe note avrebbe detto Salieri. Indulgono in aspetti di nicchia, un po’ timidi, un po’ pavidi, un po’ tattici, cercano di coprire l’intero spettro dell’elettorato e soprattutto degli interessi organizzati, lanciando messaggi cifrati a ciascuna categoria, per ingraziarla, ringraziarla e non irritarla. Si muovono ancora negli interstizi. E invece l’opportunità è ghiotta per lanciare il progetto di #Bologna2050; che preveda un Comune unico che vada da Casalecchio fino a San Lazzaro. Le città sono al cuore di politiche innovative in tutto il mondo e in taluni casi sfidano anche gli stati nella programmazione e nell’attuazione di proposte avanguardiste. Bologna deve decidere se rimanere la città delle Due Torri o lanciarsi sul proscenio europeo come attore politico di medie dimensioni. La presenza di due figure di rilievo nella contesa del centro-sinistra, entrambe con ruoli di primo piano nei rispettivi municipi, è una opportunità storica, imperdibile. Matteo Lepore e Isabella Conti facciano una dichiarazione congiunta in cui affermino che lavoreranno per unire la città che nei fatti è già tale. Avere un unico Municipio darebbe forza per la competizione del domani (no, la Città metropolitana proprio non basta, anzi è vetusta). Soltanto il lancio del progetto Città unica rende possibili progetti ambiziosi, affrontare sfide future su gambe solide e sognare e disegnare #Bologna2050. Lepore e Conti sono candidati giovani e competenti, ma solo la cornice di una città davvero unica consentirebbe di esprimere al meglio i loro programmi, e di renderli ancora più autorevoli. Certamente su questa sfida troverebbero consenso tra le forze imprenditoriali, l’Università, i cittadini. E sarebbe anche una sfida per i partiti e la politica. A tal proposito il PD su questo dovrebbe aprire una discussione approfondita, una gara delle idee per la città. A un mese dall’appuntamento cruciale per la corsa a Palazzo d’Accursio La scintilla che merita Bologna, come richiamava ieri Olivio Romanini su queste pagine, può venire da una scelta programmatica alta e lungimirante.
Il secondo punto, indissolubilmente legato al primo, riguarda gli aspetti politici. La leadership nazionale e locale del PD e del centro-sinistra ha deciso che si proceda con la competizione per la selezione del candidato alla carica di sindaco. E primarie siano. Purché competitive, aperte, libere, basate sul confronto, sullo scontro programmatico. Una occasione unica per rilanciare l’azione del centro-sinistra e riavvicinarsi al popolo un po’ smarrito della Sinistra. O del centro-sinistra. Ma chi partecipa, siano essi elettori, o candidati devono tenere bene in mente che sottoscrivono un patto, e che come tale va rispettato, onorato, pena perdita della credibilità. La politica in questi decenni ha perso gradi di reputazione proprio a causa delle troppe banderuole, di una ideologia à la carte. Non basta pronunciare frasi diplomatiche abbastanza ovvie circa la lealtà politica, è necessario riconoscere l’avversario, vedendolo al contempo come un alleato che andrà sostenuto nel caso lui/lei ottenesse la nomina quale candidato sindaco. Non possono esistere dubbi, subordinate o condizioni al fatto che i contendenti alle primarie abbiano l’obbligo politico, prima che morale, di impegnarsi completamente per la vittoria del proprio schieramento. In un altro celebre 20 giugno la firma posta sul documento di “alleanza” implicava di giurare solennemente «di non separarsi mai e di riunirsi ovunque le circostanze l’avrebbero richiesto, fino a che non fosse stata stabilita e affermata su solide fondamenta una Costituzione per il regno francese». Era il 1789 e con il Giuramento della Pallacorda i rappresentanti del terzo stato sancivano l’indissolubilità dell’accordo. Rispetto al “campo” avversario, che di questo, alla fine si tratta.
Per cui sarebbe molto auspicabile se i candidati, da alleati e non sospettosi competitori, pensassero in grande, agissero in grande. Vanno bene i mercatini, le visite guidate alle bocciofile, ma vorremmo sentire parlare anche di idee con gambe lunghe, testa alta e schiena dritta. Di prospettive. Dateci un po’ di rivoluzione.